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Medicina
29 Marzo 2023

Una realtà tridimensionale parallela esistente in internet, a cui si accede grazie a particolari strumenti (come occhiali o strumenti audiovisivi), uno spazio virtuale collettivo condiviso, basato sull’interazione e creato dalla convergenza della realtà fisica e della realtà digitale potenziata virtualmente. Qualcosa che integra tra loro diverse tecnologie: la realtà virtuale (VR), la realtà aumentata (AR), la realtà mista (MR) e la realtà estesa (XR). Che impiega l'intelligenza artificiale e che, in sanità, va ben oltre la “semplice” telemedicina. E apre scenari oggi ancora non facili de immaginare, ma da intuire sì. Anche perché è già utilizzata.

Un esempio è l'applicazione per la prevenzione dell'asma (AHA), sviluppata negli Stati Uniti, progettata per condurre ricerche sanitarie su larga scala e fornire il monitoraggio in tempo reale dell'inquinamento atmosferico; sulla base dei dati del diario elettronico dell'asma dei pazienti combinati con quelli atmosferici, l'applicazione può prevedere attacchi acuti di asma, contribuendo alla prevenzione primaria e secondaria della malattia. Altro esempio è la creazione di veri e propri ospedali nel metaverso, come l’Hospital Alfa nella città del virtuale Aimedis Health City, in cui medici e pazienti di diverse origini e nazionalità si incontrano e interagiscono.

Ancora: a Lisbona, all’Unità senologica della Fondazione Champalimaud, il chirurgo portoghese Pedro Gouveia e il suo collega spagnolo Rogelio Andrés-Luna, grazie al metaverso hanno condotto un’operazione come se i due chirurghi si trovassero nella stessa sala operatoria nonostante fossero a 900 chilometri di distanza. Gouveia indossava occhiali speciali per la realtà aumentata, cosicchè non solo poteva vedere la paziente di fronte a se' ma poteva anche disporre delle immagini diagnostiche e delle informazioni cliniche riguardanti la paziente, che venivano proiettate sulle lenti. Insomma, si preannuncia quella che, come dice Massimo Massetti, direttore dell'Unità di Cardiochirurgia al Policlinico Gemelli di Roma, sarà probabilmente la terza “rivoluzione” di internet dopo la posta elettronica e i social network.

Non per nulla il metaverso è stato dunque uno tra i protagonisti della quarantesima edizione di “Conoscere e curare il cuore” il congresso promosso dalla Fondazione Centro Lotta contro l’infarto che quest'anno si è tenuto dal 16 al 19 marzo alla Fortezza da Basso di Firenze.

Non l'unico ovviamente.

La morte improvvisa. Una questione importante, ancora aperta, che non di rado colpisce giovani e atleti. «Le ragioni dell’arresto cardiaco in questa tipologia di pazienti - conferma Francesco Prati, presidente della Fondazione Centro per la lotta contro l’infarto - rappresentano tutt’ora un argomento di dibattito», la cui prevenzione «ha un ruolo centrale nei percorsi di prevenzione secondaria nei soggetti con cardiopatia ischemica». È opinione diffusa che la causa delle aritmie spesso fatali sia una instabilizzazione della placca aterosclerotica. Tuttavia «studi recenti hanno messo in discussione questo aspetto fisiopatologico – osserva Prati - ponendo l’accento su altre cause delle aritmie ventricolari, come causa dell’arresto cardiaco». Insomma, il meccanismo dell’aritmia fatale spesso non è riconducibile alla chiusura improvvisa di un ramo coronarico, ma a un meccanismo diverso. Per esempio, un recente studio condotto su 600 persone decedute per morte improvvisa ha trovato che il 78% dei soggetti aveva un cuore con peso aumentato rispetto ai valori normali ed il 93% presentava segni di fibrosi. L’instabilizzazione di placca era presente in meno della metà dei casi e la rottura di placca o l’erosione si verificavano più spesso nei soggetti con morte improvvisa da attività fisica.

Aria, suono e luce possono minacciare il cuore. L'inquinamento atmosferico è la quarta causa mondiale di morbidità e mortalità e, in particolare, più del 50% di questi decessi può essere attribuito a malattie cardiovascolari (Cvd). Tra i diversi componenti dell'inquinamento atmosferico, il particolato con diametro aerodinamico di 2,5 μm (PM2.5) è quello con la più forte associazione con malattie cardiovascolari. L'inquinamento acustico può entrare in sinergia con l'inquinamento atmosferico nel mediare un aumento del rischio di aterosclerosi e Cvd, mentre il rumore del traffico può attivare una reazione di risposta a catena allo stress che coinvolge l'ipotalamo, il sistema limbico e il sistema nervoso autonomo che porta a un aumento della frequenza cardiaca e dei livelli di ormoni dello stress, una maggiore reattività piastrinica, infiammazione vascolare e stress ossidativo. L’inquinamento luminoso notturno, tramite l’alterazione della secrezione di melatonina, è associato ad alterazioni del ritmo circadiano e del ciclo sonno-veglia che a loro volta sono sono associati a un aumentato rischio di sviluppare tumori, disturbi psichiatrici, sindrome metabolica e ipertensione.

L’alimentazione: pochi grassi, dieta mediterranea, meno sodio e più potassio per ridurre il rischio cardiovascolare. Da tempo la comunità scientifica internazionale è concorde sul fatto che una dieta povera di grassi sia effettivamente in grado di apportare dei benefici alla salute cardiovascolare e non solo. Per dieta a basso contenuto di grassi gli esperti intendono un regime alimentare dove le calorie medie assimilate giornalmente sono composte da non più del 30% di grassi. Alcuni però consigliano di mantenersi intorno a una media del 10-15%, altri di non superare il 7-10%.

Quanto alla dieta mediterranea, lo studio spagnolo PREDIMED ha incluso 7.447 partecipanti ad alto rischio cardiovascolare assegnati a tre tipi di dieta: una dieta mediterranea integrata con olio extravergine di oliva, un'altra integrata con noci miste e una dieta di controllo. Lo studio è stato interrotto prematuramente dopo meno di cinque anni seguendo le regole di interruzione stabilite a priori nel protocollo poiché l'incidenza di eventi cardiovascolari (infarto miocardico, ictus o morte cardiovascolare) nei gruppi dieta mediterranea è stata ridotta del 30% rispetto alla dieta di controllo. Tuttavia, nonostante studi epidemiologici e meccanicistici mostrino risultati simili, non esistono prove da studi clinici su larga scala e a lungo termine sull'efficacia della dieta mediterranea sulla prevenzione cardiovascolare secondaria. Numerosi e ampi studi hanno invece dimostrato che un elevato consumo alimentare di sodio è tra le principali cause di aumento dei valori di pressione arteriosa e costituisce uno tra i più importanti fattori di rischio legati alla dieta che favorisce la comparsa di eventi cardiovascolari. Cosicchè le principali Società scientifiche internazionali e l'Organizzazione mondiale della sanità raccomandano una riduzione del contenuto di sale nella dieta, mantenendola sotto i 5 grammi al giorno, senza sostanziali differenze tra chi la pressione alta e chi no. Un aumento del contenuto di potassio nell'alimentazione ha un effetto favorevole su diversi fattori di rischio e sulle malattie cardiovascolari e per questo motivo le linee guida internazionali raccomandano un aumento del consumo regolare di verdura e frutta fresca proprio allo scopo di aumentare il contenuto di potassio nella dieta, anche in considerazione dello scarso apporto alimentare di potassio nella popolazione generale. L’analisi di diverse coorti di adulti sani ha dimostrato che un incremento del consumo quotidiano di sale pari a 1 grammo di sodio corrisponde a un aumento del 18 % di eventi cardiovascolari mentre un aumento del consumo di potassio di 1 grammo si associa a una riduzione degli eventi cardiovascolari del 18

Donne e cuore. L’ipertensione arteriosa in gravidanza è una che interessa circa il 10% delle donne gravide. Comprende sia l’ipertensione cronica diagnosticata prima della gravidanza sia quella correlata alla gravidanza stessa. Se non correttamente diagnosticata e trattata, può determinare conseguenze gravi sia per la donna sia per il bambino.

Come osserva Eloisa Arbustini, Centre for Inherited Cardiovascular Diseases – Foundation University Hospital Policlinico San Matteo di Pavia, negli ultimi anni, la sindrome di takotsubo (Tts) è emersa come un’importante causa di danno miocardico acuto reversibile determinata da una transitoria disfunzione ventricolare sinistra con distribuzione segmentaria. La sua prevalenza è attualmente stimata intorno all'1-3% di tutte le sindromi coronariche acute (Sca) con le quali condivide caratteristiche comuni come i sintomi iniziali di presentazione, le alterazioni elettrocardiografiche e il rialzo degli enzimi di miocardionecrosi. A differenza delle Sca e delle cardiomiopatie, la Tts è generalmente caratterizzata da un’alterazione temporanea della funzione sistolica del ventricolo sinistro con un recupero completo entro tre settimane. Dai dati di letteratura circa il 90% dei pazienti affetti sono donne e l’80% ha un’età superiore ai 50 anni. Le donne di età superiore ai 55 anni hanno un rischio dieci volte maggiore di sviluppare la Tts rispetto agli uomini. Nonostante ciò, la Tts non è da considerare una malattia di genere, tanto che negli ultimi anni si è registrato un aumento dei casi nei maschi, nei quali più spesso l’esordio è associato a un trigger fisico. Infatti, un tratto distintivo della Tts è la sua associazione con un evento stressante precedente.

Medicina
29 Marzo 2023

Sono nati dopo il 1997 e prima del 2012. Sono i nativi digitali, la prima generazione a essere cresciuta potendo godere dell’accesso a Internet sin dall’infanzia. La sociologia li ha etichettati come ‘Generazione Z’ e la ricerca comincia a mostrare che hanno bisogni e sofferenze peculiari. 

Le dipendenze, per esempio: una parte consistente di loro - quasi due milioni in Italia - non può fare a meno di cibo, videogiochi online, social network e rifiuta i rapporti sociali alimentando il fenomeno degli  Hikikomori, termine che in giapponese significa "stare in disparte” e indica ormai universalmente i ragazzi che progressivamente abbandonano i rapporti sociali per richiudersi nella propria casa o nella propria stanza. 

Il dato è contenuto in una ricerca congiunta del dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio e il Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità presentata questa mattina. 

«Abbiamo una parte di under-18 che ha delle problematiche; dobbiamo intercettarle, conoscerle, condividerle con le autorità, il servizio sanitario e il contesto sociale», ha detto il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, durante la presentazione dello studio all’Iss. «I primi anni sono importantissimi perché condizionano la qualità della vita a venire».

La ricerca, realizzata con EXPLORA Addiction Research Division, ha coinvolto più di 8.700 studenti tra gli 11 e i 17 anni e 1.044 genitori. Dallo studio è emerso che la dipendenza da cibo è la diffusa: coinvolge 1.152.000 studenti tra gli 11 e i 17 anni, la gran parte femmine, specie delle scuole superiori. Quasi 1 su 10 presenta un rischio grave. 

Molto diffusi anche i problemi legati ai videogiochi: riguardano il 12% degli studenti, vale a dire circa 500mila ragazzi. In questo caso, il fenomeno è soprattutto maschile: tra i ragazzi delle secondarie di primo grado ne soffre quasi 1 su 5 (il 18%). 

Ammonta a circa 100mila (il 2,5%) il numero di quelli con un comportamento compatibile con la dipendenza da social media; si tratta soprattutto di ragazze tra i 14 e i 17 anni. 

I ragazzi Hikikomori sono invece circa 65 mila e circa la metà ha meno di 14 anni.

Lo studio mostra come le dipendenze siano molto spesso accompagnati da altri problemi: depressione, ansia sociale, impulsività. Inoltre i ragazzi con dipendenze comportamentali hanno una peggiore qualità del sonno e un più basso rendimento scolastico e un maggior rischio di di consumare alcol, fumare, usare cannabis e altre sostanze oltre che ansiolitici.

Dal rapporto emergono anche i nuovi rischi collegati all’uso dei nuovi media. I ragazzi con dipendenze, infatti, hanno un maggior rischio di essere coinvolti in social challenge, cioè sfide online che spesso vengono filmante per essere pubblicate sui social network e che in alcuni casi possono essere molto pericolose. Più alto anche il rischio di doxing, cioè la diffusione online di informazioni personali riguardanti una persona, di solito con intenzioni spiacevoli, così come quello di morphing, vale a dire l’alterazione della propria immagine attraverso l’uso di app per migliorare il proprio aspetto o nascondere imperfezioni. Infine, per i ragazzi con dipendenze, è molto più alto il rischio di essere coinvolti in episodio di sexting, cioè l’invio o la ricezione di messaggi, video e foto personali a sfondo erotico. 

Per avere una misura della dimensione del fenomeno, basti pensare che dichiara di aver fatto sexting attivo (cioè inviato messaggi) il 43,3% dei ragazzi con uso problematico di social tra 14 e 17 anni e sexting ‘passivo’  il 68,2%. Tra i coetanei senza dipendenza le percentuali sono rispettivamente il 20,9% e il 42,1%.

La ricerca ha evidenziato inoltre una profonda difficoltà comunicativa tra i ragazzi e i loro genitori.  Segnalano una scarsa comunicazione il 75,9% degli 11-13enni con dipendenza da social media, il 58,6% dei ragazzi con dipendenza da videogiochi, il 68,5% di quelli che soffrono di una dipendenza grave da cibo e il 77,7% dei ragazzi delle scuole superiori con una tendenza rischiosa al ritiro sociale.

Sanità
2 Febbraio 2017

Angela Nanni

Non si può vivere senza dormire: gli studi scientifici a disposizione testimoniano con sempre maggiore efficacia come una mancanza di sonno si traduca nello sviluppo di numerosi disturbi metabolici e funzionali.

Quante ore di sonno sono necessarie.

La necessità del sonno varia in base all’età: i neonati dormono per gran parte della giornata, i bambini in età prescolare 12 ore in media e fino all’adolescenza il sonno dovrebbe occupare circa il 40% della giornata. Nella vita adulta il bisogno di dormire si stabilizza sulle 7-8 ore per notte e tale necessità tende a diminuire fisiologicamente durante la vecchiaia. È bene precisare in ogni caso, che le esigenze di sonno sono variabili da persona a persona: ad alcune basta dormire 4-5 ore per notte ad altre ... (Per leggere tutto l'articolo vai sul sito)

Medicina
2 Febbraio 2017

Hanno una struttura esposta e complessa ed è la parte del viso più delicata da curare

di IRMA D'ARIA

Da sempre simbolo di sensualità, già i Sumeri e gli Egiziani si prendevano cura delle labbra, applicando un rossetto composto da una miscela di grassi animali ed oli derivati dalla spremitura di semi e frutti con pigmenti colorati estratti da pietre preziose. Ma truccarle non basta se poi freddo, gelo e vento le screpolano e le seccano rendendo praticamente impossibile il make up. Prima serve un po’ di “manutenzione” straordinaria per arginare i danni dell’inverno: «Le labbra risentono particolarmente della stagione fredda risultando secche e screpolate ed in alcuni casi addirittura fissurate», spiega Adele Sparavigna, specialista in dermatologia e direttore di Derming, Laboratorio di Ricerca dermatologica di Monza. «Questa loro spiccata sensibilità è dovuta alla loro particolare conformazione: le labbra sporgono dal viso e sono quindi più esposte, la cute in questa zona è molto più sottile. Inoltre, sono molto vascolarizzate e l’assenza di peli, ghiandole sebacee e melanociti, le rende ... (Per leggere tutto l'articolo vai sul sito)

Medicina
2 Febbraio 2017

Nuova tecnica in fase di sperimentazione sviluppata al Galeazzi

di GIULIA ALICE FORNARO

CELLULE del naso per riparare la cartilagine del ginocchio in caso di 'usura' o di traumi. È una tecnica pionieristica ancora in fase di sperimentazione,  realizzata dai ricercatori dell'IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi. Di solito gli interventi di medicina rigenerativa esistenti non garantiscono il successo della riparazione della lesione al 100% e quindi non sono risolutive. Con conseguenti dolore, irrigidimento, gonfiore e difficoltà a muovere l'arto. Problemi che alla lunga portano all'artrosi.

Ricerca
2 Febbraio 2017

«È arrivato il momento di ridurre, ripensare e sostituire l’uso degli antibiotici per gli animali». Più che un invito è un appello accorato quello lanciato congiuntamente dagli esperti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (European Food Safety Authority, Efsa) e dall’Agenzia europea per i medicinali (European Medicines Agency, Ema) agli allevatori europei. È una chiamata alle armi per combattere all’interno delle fattorie quella che l’Onu ha definito «la più grande sfida della medicina contemporanea»: l’antibiotico-resistenza. 

 

Medicina
2 Febbraio 2017

La povertà toglie due anni di vita. Il suo impatto sulla salute non è molto diverso da quello del fumo, del diabete o della sedentarietà. 

Eppure le sfavorevoli condizioni socioeconomiche non sono annoverate nell’elenco dei ben noti fattori di rischio da tempo al centro del mirino degli esperti di salute pubblica mondiali. Ed è uno sbaglio. Lo sostengono all’unisono sulle pagine di The Lancet i 31 ricercatori del progetto Lifepath, l’imponente  studio finanziato dalla Commissione Europea che ha analizzato per la prima volte le ricadute sull’aspettativa di vita delle differenze sociali confrontandole con i tradizionali fattori di rischio.